Spesso ci si domanda come si può giudicare se un investimento possa dirsi conveniente o meno.
In parole povere, interpretando il pensiero comune, un investimento può dirsi conveniente se tramite i suoi frutti è in grado di ripagare interamente quanto si è speso per la sua effettuazione ed è altresì in grado di garantire un flusso di cassa aggiuntivo all’investitore, in modo da consentirgli di incamerare il rendimento di un investimento privo di rischio oltre ad uno spread remunerativo del rischio assunto.
Il problema, piuttosto, sorge quando dalle parole si passa ai fatti, cioè quando si tratta di valutare quanto un investimento possa dirsi remunerativo.
Ad esempio, in tempi recenti si è fatto un gran parlare di investimenti nella green economy, ovvero in impianti che producono energia da fonti rinnovabili (solare, eolico, biomasse, ecc.), anche per via dell’appetibilità derivante dagli incentivi pubblici. Al riguardo, ipotizziamo il caso di una S.r.l. che dispone di un capannone industriale il cui tetto si presta all’installazione dell’impianto in questione; la società è interessata all’investimento poichè sostiene per la produzione ingenti spese nell’acquisto di energia e vuole valutare, appunto, la convenienza dell’investimento in una facility che le consenta non solo di risparmiare sulle spese energetiche ma anche di guadagnare grazie agli incentivi pubblici. Il problema dell’Amministratore è, quindi, quello di disporre di un metodo di calcolo attendibile del rendimento dell’investimento.
Preliminarmente, un chiarimento: il Quarto Conto Energia di prossima emanazione prevede, secondo le parole del ministro Romani, il mantenimento della consistenza degli incentivi sulle installazioni poste sui tetti mentre una drastica riduzione dovrebbe essere prevista sulle installazioni a terra. Sul punto, pubblicherò ulteriori aggiornamenti.
Tornando al nostro esempio, prima di procedere bisogna fissare alcuni parametri e precisamente:
- il costo dell’impianto fotovoltaico
- le fonti di finanziamento (capitale proprio o di credito o un mix dei due)
- il tasso di interesse sul capitale (costo medio ponderato del capitale o WACC)
- la durata del finanziamento
- la producibilità media annua dell’impianto, tenendo conto dei fisiologici cali di rendimento dovuti all’invecchiamento dei pannelli solari
- la tariffa annua erogata dal GSE al lordo delle imposte (fino al prossimo 31 maggio rimane in vigore il Terzo Conto Energia)
- il controvalore in euro dell’energia scambiata con la rete (nel caso della sottoscrizione di un contratto di scambio sul posto – vedi link al punto precedente) oppure in alternativa il controvalore in euro del ritiro dedicato dell’energia (vedi link Terzo Conto Energia)
In questo modo, tramite l’ausilio di un semplice foglio elettronico, saremo in grado di sviluppare in primo luogo il cash flow lordo atteso, semplicemente moltiplicando per ciascun anno la producibilità attesa per la tariffa GSE applicabile e sommando il risultato al prodotto dell’energia immessa in rete per il prezzo del ritiro dedicato (o, nel caso di scambio sul posto, al prodotto dell’energia scambiata con la rete per il suo prezzo in euro fino a concorrenza dell’energia prelevata per i propri consumi).
Dal cash flow lordo annuale, detraiamo l’impatto fiscale di IRES (27,5%) e IRAP (in base all’aliquota regionale); in tal modo otterremo il cash flow netto da imposte.
Per esigenza di brevità del post, per adesso mi fermo qui. Iniziate a costruire il vostro foglio elettronico: domani vi spiegherò i successivi passaggi.