Come noto a chi segue la materia, la manovra fiscale di stabilizzazione introdotta con Decreto Legge n. 78/2010 (convertito con la Legge 122/2010) ha previsto con decorrenza dal 1° luglio 2010 l’esecutività immediata degli avvisi di accertamento delle imposte erariali. Ciò comporta che, da detta data, per rendere esigibile la pretesa tributaria non sarà più necessaria l’emissione della cartella di pagamento ma, scaduto il 60° giorno dalla notifica dell’atto al contribuente, se questi non avrà prodotto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale e non avrà pagato le somme richieste con l’avviso di accertamento, decorsi ulteriori 30 giorni l’incasso verrà affidato agli Agenti della Riscossione anche nell’ottica di provvedere all’esecuzione forzata.
Vediamo invece la situazione nel caso in cui il contribuente dovesse produrre ricorso.
In seguito alla novità normativa, l’Agenzia delle Entrate, in pendenza di ricorso, non avrà più l’onere di attivarsi per la riscossione del 50% delle imposte accertate (come previsto dall’art. 15 del DPR 602/1973), poichè l’obbligo del predetto pagamento ricadrà automaticamente sul contribuente, dal momento che l’avviso di accertamento diverrà esso stesso atto esecutivo. Sarà quindi il contribuente a doversi attivare per il pagamento in oggetto, a meno che, per sospendere l’esecutività dell’atto, egli produca alla C.T.P. (nel ricorso o separatamente) l’apposita istanza.
A questo punto, anche se non espressamente richiesto dal ricorrente, potrebbe accadere quanto previsto dall’art. 47 comma 3 D. Lgs. 546/1992 e cioè che prima ancora che si tenga l’udienza di sospensione, “in caso di eccezionale urgenza il presidente, previa delibazione del merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio” . In realtà si tratta di una mera ipotesi di legge, di fatto mai seguita nella prassi, ma che potrebbe trovare piena applicazione dal 1° luglio davanti al rischio di ingolfamento delle Commissioni Tributarie Provinciali, che verrebbero subissate da una enorme quantità di richieste di sospensiva; a tal riguardo, i giudici tributari hanno infatti minacciato lo sciopero (si veda l’articolo di Valerio Stroppa pubblicato su Italia Oggi del 27/04/2011).
Se poi all’udienza di sospensione il contribuente dovesse ottenere il provvedimento cautelare, allora questo produrrebbe i suoi effetti sino alla data di pubblicazione della decisione della Commissione: il problema, tuttavia, è proprio quello di riuscire ad ottenere il provvedimento prima che scadano i 60 gg. dalla notifica dell’atto e, quindi, prima che il Fisco provveda al recupero coattivo delle somme accertate; cosa di certo non facile visto il prevedibile ingorgo delle richieste di sospensiva alla C.T.P. e dunque il prevedibile aumento del numero delle relative udienze.
Per ovviare al descritto rischio di ingolfamento, il Ministero delle finanze ha pertanto annunciato l’emanazione di un decreto correttivo che sospenderà, in caso di ricorso da parte del contribuente, l’esecutività dell’accertamento fino alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado.
Considerazione finale: la norma descritta è stata introdotta nell’ordinamento giuridico al fine di rendere più celere l’incasso dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione fiscale ma, esauritosi il “furore sacro” che ha animato gli estensori della disposizione, è andata persa l’intenzione originaria, in quanto, se dovesse essere emanato il decreto correttivo di cui sopra, si finirà per produrre l’effetto radicalmente opposto a quello voluto. Insomma, il solito pasticcio all’italiana !
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